“De libris et pelliculis recensendis” – Sul recensire libri e film

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Quando la prof delle superiori mi interrogò su Machiavelli, presi un voto altissimo. Al contrario di tutti i miei compagni, lo chiamai ‘Sui principati’ e non ‘Il principe’. Non so cosa ci facessi in un istituto tecnico (in realtà lo so bene, quello stupido prodotto tra possibilità di trovare un lavoro e stipendio medio era il più alto tra tutte le scuole secondarie), ma dire ‘De Principatibus’ mi faceva sentire un figo. Non agli occhi degli altri: in tanto altro cercavo l’approvazione e tentavo di distinguermi, ma quel sapere era una forma di rivincita, una dimostrazione che non per forza sarei dovuto essere un informatico a cui interessava solo pigiare i tasti.

Professoressa Ros, se sta leggendo queste parole, non mi denunci per aver registrato le videolezioni che ha tenuto durante il covid. Sapevo le avrei riascoltate, e infatti eccomi qua.

Non riuscivo mai a trovare ciò di cui parlava nei libri che ci faceva leggere, grandezze latenti, personaggi artificiali, vuoti narrativi.

E oggi, 4 Gennaio 2025, provo lo stesso fastidio mentre leggo “sconvolgente, prezioso, coraggioso, sfidante, faticoso, geniale, folle” tra i post Instagram delle persone che condividono la propria top ten di film guardati e libri letti.

Provo a vagliare tutti i possibili scenari:

  • Gli altri non capiscono niente
  • Io non capisco niente
  • Una grande opera ha il potere di avere più significati, più interpretazioni, in base a chi ascolta, legge, guarda

Quella che più mi convince è l’ultima. Ho una bassa stima di me, mi ritengo mediocre, quindi mi ripeto “vedi, non hai capito niente”. Ho una bassa stima degli altri, li ritengo mediocri, quindi mi ripeto ‘sono pieni di fallacie logiche ed argomentative, non posso fidarmi della loro interpretazione‘. Ma voglio provarci, nuovo anno e nuovo paradigma, fingo di credere nel terzo punto.

Nella programmazione ad oggetti, vengono definiti degli oggetti software che interagiscono tra di loro, ed esiste un modello per creare questi oggetti che si chiama Classe.

L’oggetto è una istanza della classe. Cosa significa? Che la classe è lo stampino per i biscotti, l’oggetto è il risultato di tutti gli ingredienti mischiati e ritagliati con la forma dello stampino.

Un regista crea le forme, gli stampini, e ci dà una parte degli ingredienti. Ma ogni fruitore (sono stufo di distinguere editoria e cinema) aggiunge qualcosa, e la sua istanza è differente da quella degli altri. E’ questo che ci permette un confronto: abbiamo visto lo stesso film (/ abbiamo usato lo stesso stampino), ma grazie alle nostre esperienze di vita e ai nostri pensieri (/ dosaggio degli ingredienti ed aggiunte personali) possiamo scannarci e urlare sulle scale o davanti alle locandine del cinema perché cogliamo alcuni riferimenti, ci sentiamo rappresentati, ignoriamo significati che per altri sono evidenti.

Questo è il mio primo obiettivo dell’anno. Non temere di esprimere quello che mi ha trasmesso un’opera, di dire che le notti bianche di Dostoevskij non mi ha detto nulla, che considero patetico il personaggio, e di non considerare gli altri stupidi perché penso non abbiano capito nulla, che non abbiano colto il vero messaggio.

Ora rileggo quello che ho scritto, eliminerò la metà delle righe, premerò CMD + B per evidenziare le parole che hanno un senso, e se mi rendo conto di aver dimenticato qualcosa questa non sarà l’ultima frase.